Referendum welfare, perché votare sì



Remo Rosati , 05 ottobre 2007


Sento il desiderio di fare alcune considerazioni in ordine alla votazione dei lavoratori sull'accordo di luglio tra governo e parti sociali sul welfare che si terrà nei giorni 8 e 10 ottobre prossimi, rivolgendomi in particolare a coloro che hanno votato per L'Unione alle ultime elezioni. Non mi ritengo presuntuoso a tal punto da pensare di poter condizionare l'esito del voto ma spero di fornire alcuni elementi utili di informazione su quanto si è chiamati a votare e sui scenari politici che potrebbero aprirsi a breve.
La votazione dei lavoratori deve essere indubbiamente salvaguardata nella propria autonomia, per gli effetti che la stessa avrà sulle vite ed i figli degli interessati ed i relativi risultati dovranno giustamente condizionare ogni decisione politica, ma è altrettanto importante sottolineare che la stessa sia un momento di decisione cosciente e responsabile. Ben venga, allora, oltre all'impegno dei sindacati e delle forze politiche nel fornire le informazioni necessarie, anche la partecipazione di semplici cittadini. Per quanto attiene il contenuto del protocollo siglato si deve affermare, senza ombra di dubbio, che lo stesso contiene numerosi elementi positivi che, anche se oscurati da ombre significative come la durata triennale del lavoro precario, la soglia dei 5000 che fanno lavori usuranti e la mancata eliminazione del lavoro a progetto, lasciano intravedere l'inizio di un approccio nuovo al mondo del lavoro; basti pensare alla sostituzione dello scalone Maroni, definito dallo stesso ex Ministro del welfare antipopolare, con morbidi scalini che consentono di coniugare il principio dell'equità con il criterio dell'equilibrio del sistema previdenziale; l'aumento delle pensioni basse, i miglioramenti contributivi a favore dei giovani lavoratori discontinui, i soldi per la riforma degli ammortizzatori sociali, la riduzione del costo del riscatto del corso di laurea, l'eliminazione della tipologia di lavoro Job on call.
Votare no significherebbe far saltare tutto quanto di positivo si è sopra esposto come sostiene Guglielmo Epifani e, per i pensionandi come me, ritornare allo scalone dei 60 anni e 35 anni contributivi. Pertanto, non mi pare un esempio di saggezza e di real politik una bocciatura dell'accordo.
Oltre alle ragioni di merito sù indicate che consigliano di esprimere un giudizio positivo è necessario, a questo punto fare alcune considerazioni di natura politica. I partiti che prima venivano considerati la cinghia di trasmissione dei sindacati e traducevano con mediazioni e sintesi nelle aule parlamentari le richieste dei lavoratori, accerchiati dall'antipolitica che vorrebbe eliminarli e dalle richieste del proprio blocco sociale, stanno cercando di recuperare terreno bypassando la rappresentanza sindacale e diventando gli interlocutori diretti dei lavoratori, smarrendo, a parer mio, quella visione d'unità che richiede la politica e assumendo la funzione di rappresentanza corporativa tipica dei sindacati che si sentono, a loro volta, derubati del proprio ruolo e preoccupati della conseguente perdità di rappresentatività. In questo scenario sarebbe miope non vedere le possibili gravi conseguenze che deriverebbero da una bocciatura del protocollo. Non solo sarebbe il crollo del governo Prodi ma anche la fine del sindacalismo italiano, in quanto la collettività, votando no, sottolinerebbe senza ombra di dubbio una maggiore sintonia con le forze politiche che hanno sempre osteggiato quell'accordo che con le rappresentanze sindacali che quell'accordo hanno sottoscritto. Ciò provocherebbe una competizione tra le due rappresentanze per evitare un sorpasso a sinistra provocando movimenti sussultori imprevedibili nella coalizione, considerato che l'ala centrista non lascia spazio per modifiche sostanziali ma soltanto per un fard.
Detto questo, voglio comunque, precisare che le interviste rilasciate dai metalmeccanici di Torino nella fabbrica di Mirafiori, soprattutto dai pensionandi che speravano di accedere immediatamente al diritto alla pensione e riportate in vari quotidiani, rilevano un malessere diffuso, dovuto maggiormente alla situazione economica, che sarebbe erroneo misconoscere, soprattutto in considerazione che si vive in un paese con grandi squilibri dal punto di vista finanziario. Gli operai si sono sentiti traditi dal governo di centro sinistra in quanto hanno pensato che questa coalizione potesse con la bacchetta magica risolvere nel giro di un anno tutti i loro problemi, che, ripeto, meritano di essere affrontati con grande decisione. Non si è tenuto conto, però, forse per ingenuità e forse, anche, per mancanza di realismo che la coalizione che ha vinto di misura le elezioni è un insieme di forze etoregenee ciascuna delle quali per la legge elettorale che ha fatto il Polo delle libertà nella passata legislatura, cercano di difendere il proprio blocco sociale di riferimento che si assesta su un asse che va dai professionisti ed anche dirigenti d'impresa alle classi più disagiate.
In una situazione del genere, con il macigno del debito pubblico ereditato dal governo precedente si sono incontrate serie difficoltà a far diventare una questione come quella del lavoro, resa centrale dalla Costituzione italiana, una scelta prioritaria per forze poltiche che pure dichiarano una loro fedeltà costituzionale.


  1. Partecipa al forum

  2. L'intesa del 23 luglio


Guarda il video-campagna STAND UP-

1 commento:

Anonimo ha detto...

Votiamo SI ...è poco ,ma forse è meglio di quello che ci potrà capitare se dovesse vincere il No ,
poi potranno sempre migliorare.
Stefano