COSI' MUORE UN PRECARIO



grazie, ma non abbiamo

più bisogno di

lei.



Paolo, 45 anni, ha scelto il suicidio.
Non aveva un lavoro fisso. Ad agosto aveva perso il posto da spazzino, in un paese vicino a Imperia.
Aveva presentato altre domande di assunzione, niente. Si è impiccato in garage. Lascia la moglie e un figlio .
Tre mesi di lavoro, tre mesi da operatore ecologico,la versione edulcorata e moderna
del netturbino, dello spazzino, e poi stop, più nulla.
A quel punto Paolo, 45 anni,una moglie e un figlio diciottenne,ha presentato una
nuova domanda di assunzione.Ma la risposta è stata grosso modo la stessa: «Grazie,
ma per ora non abbiamo bisogno del suo contributo».Sono stati giorni di disperazione
per Paolo; giorni claustrofobici alla ricerca di una via d’uscita; alla ricerca di
un appiglio qualsiasi per non perdere del tutto ogni speranza. Ma le porte, per
lui, erano tutte chiuse. Sbarrate da quella risposta, quel “cordiale” rifiuto ripetuto
all’infinito.
Difficile trovare lavoro a 45 anni, difficile ricominciare ogni volta da capo: anni e anni
di precariato ti tolgono le forze. Ogni volta sperava che fosse la volta buona, la volta
di un contratto più lungo: un anno, non di più, da vivere dignitosamente. E invece no.
Nulla. E alla fine Paolo non ha retto: è sceso giù nel garage della sua casa a Santo Stefano
a pochi chilometri da Imperia, ha fissato la corda a una trave di legno, è salito su
una seggiola, ha stretto il cappio al collo e via: s’è impiccato.
Non ha lasciato nessun messaggio. Il suo gesto,il suo suicidio, la sua biografia
parlano troppo chiaro.Non c’è bisogno di un biglietto.Dicono una cosa sola,
anzi, la urlano: il precariato ti ammazza.
Non è una morte casuale quella di Paolo. Dietro il suo gesto c’è la solita storia degli
appalti ballerini assegnati a prezzi stracciati dalle amministrazioni comunali. Un
neoliberismo in salsa pubblica che sempre più spesso ignora le condizioni di lavoro
che si nascondono dietro quei progetti di fornitura di servizio apparentemente
così convenienti.
E Paolo è rimasto stritolato proprio da questo meccanismo,un meccanismo ormai
molto comune nelle amministrazioni locali del nostro Paese. Insomma, la vicenda è
del tutto simile a quella di mille altre: nell’agosto scorso l’azienda di Paolo esaurisce
l’appalto di servizi di igiene pubblica con il comune di Riva Ligure; a quel punto
un’azienda concorrente vince la nuova gara per una servizio analogo con l’obbligo
di assumere i 3 lavoratori dipendenti dell’azienda precedente.
Paolo però è uno “stagionale”,è un sostituto. Lui non può reclamare nessun diritto: né il comune né l’azienda hanno l’obbligo di reintegrarlo e il sindacato fatica a difendere i diritti di un
invisibile.


FONTE:Articolo scritto di Davide Varìtratto dal quotidiano liberazione del 24-11-2007



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